Il Consiglio di Stato riafferma alcuni obblighi dei Comuni
a cura di Salvatore Nocera
È particolarmente interessante una recente Sentenza del Consiglio di Stato che, annullando una precedente decisione del TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) del Veneto, ha ribadito come sia obbligo dei Comuni fornire l’assistente per la comunicazione nella scuola del primo ciclo e anche specifico materiale didattico e l’assistente educativo
Con la Sentenza n. 5194 della V Sezione, depositata il 3 ottobre scorso, il Consiglio di Stato ha ribadito l’obbligo dei Comuni di fornire l’assistente per la comunicazione nella scuola del primo ciclo e ha precisato sempre l’obbligo – da parte degli stessi – di fornire specifico materiale didattico e un assistente educativo.
Il provvedimento – che annulla una precedente decisione del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Veneto (n. 1630/11), la quale aveva invece negato tali diritti – è particolarmente interessante anche per le motivazioni su cui si fonda. Il ricorrente, infatti, aveva chiesto al Comune di residenza la fornitura di una particolare apparecchiatura elettronica, la nomina di un assistente per la comunicazione e di un assistente educativo a scuola, per aiutare l’alunno con autismo nell’uso del cosiddetto “Metodo ABA” (Applied Behaviour Analysis, ovvero “Analisi applicata del comportamento”).
Ebbene, il Consiglio di Stato ha accolto le censure del ricorrente contro il diniego operato dal TAR, ragionando sul diritto allo studio e all’inclusione scolastica sanciti dalla Costituzione, così come essa è stata interpretata da numerose Sentenze della Corte Costituzionale e come è stato ribadito dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (ratificata dal nostro Paese dalla Legge 18/09) e ancor prima come chiaramente era stato formulato nella Legge Quadro 104/92. La decisione, infatti, opera un’ampia disamina di quest’ultima e fonda il suo ragionamento principalmente sull’articolo 8, comma 1, lettera m di essa – che prevede il diritto ad ottenere la presenza di personale assistente anche per le attività parascolastiche – ma anche sull’articolo 13, comma 1 lettera b, sul diritto ad ottenere ausili e sussidi didattici e sull’articolo 13, comma 3, concernente il diritto ad ottenere un assistente per la comunicazione.
Inoltre – a base della decisione – viene posta pure la documentazione necessaria all’integrazione scolastica, come la Diagnosi Funzionale dell’ASL e il PEI [Piano Educativo Individualizzato, N.d.R.], nei quali queste prestazioni erano state viste come necessarie.
Quanto poi al soggetto obbligato a tali prestazioni – cui la precedente Sentenza del TAR non aveva dato risposta – il Consiglio di Stato precisa che, trattandosi di scuola del primo ciclo, tali obblighi gravano sul Comune di residenza dell’alunno e fonda le proprie argomentazioni su varie norme.
In primo luogo sugli articoli 42 e 45 del DPR 616/77, richiamato espressamente dal già citato articolo 13, comma 3 della Legge 104/92, secondo i quali il Comune deve fornire l’assistenza scolastica agli alunni con disabilità. Tale obbligo è poi ribadito dall’articolo 139 del Decreto Legislativo 112/98, il quale pone a carico del Comune l’obbligo di «supporto organizzativo» all’inclusione nelle scuole del primo ciclo.
E ancora, la Sentenza richiama anche l’accordo di programma stipulato dal Comune di residenza con il quale esso si era impegnato a fornire assistenza e materiale didattico agli alunni con disabilità presenti nelle scuole del primo ciclo.
Infine, vengono citate due Sentenze dei TAR che avevano affermato tali obblighi in capo ai Comuni (TAR Lombardia n. 581/10 e TAR Puglia n. 655/12 [entrambe visionabili integralmente nei siti internet di tali Tribunali, N.d.R.]).
Osservazioni
Si tratta effettivamente di una Sentenza interessante anche perché – oltre a quanto già detto – essa chiarisce il contenuto del termine «supporto organizzativo», contenuto nel citato articolo 139 del Decreto Legislativo 112/98, che ha suscitato molte resistenze da parte degli Enti Locali. Il Consiglio di Stato precisa infatti che in tale termine sono da riconoscere anche la fornitura di sussidi didattici e l’assistenza educativa.
Importante, poi, è pure il riferimento alla documentazione della Diagnosi Funzionale e del PEI: è da essi, infatti, che risultano i bisogni educativi e le risorse necessarie per soddisfarli; pertanto esplicitarli in tali documenti costituisce un punto di forza in caso di ricorso al TAR, oltre che per una corretta integrazione.
Inoltre – come già accennato – la decisione fa leva sull’accordo di programma stipulato dal Comune di residenza dell’alunno e questa è un’affermazione molto importante perché conferma il principio che – quando viene stipulato un accordo del genere, in termini chiari – da esso nascono diritti immediatamente esigibili per gli alunni con disabilità. Certo, se gli accordi prevedessero anche la presenza di un Collegio di Vigilanza, con il potere di sostituirsi alle Amministrazioni firmatarie inadempienti, si potrebbe evitare il ricorso al TAR, chiedendo l’intervento del Collegio stesso, che porrebbe in essere gli atti amministrativi non compiuti, per fornire i servizi di risorse umane e materiali dovuti.
E in ogni caso è merito degli avvocati avere orientato positivamente il ragionamento del Consiglio di Stato su temi ancora controversi anche fra gli stessi TAR.
Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). Responsabile del Settore Legale dell’Osservatorio Scolastico dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down). Il presente testo riadatta una scheda già pubblicata nel sito dell’AIPD, per gentile concessione.